I sogni contengono in sé qualcosa che già sappiamo. Non sempre se ne viene a capo, a volte ne scopriamo il significato solo a posteriori. Tuttavia lasciano una traccia che lavora dentro di noi a nostra insaputa. Poter lavorare su quella traccia, tornandoci sopra, ampliandola, distorcendola, modellandola all’interno di un percorso analitico è un’incredibile possibilità di crescita e trasformazione.
Il lavoro dello psicoanalista è un lavoro estremamente influenzato dall’esperienza di vita e da quella clinica, una parte delle quali nascono attraverso una trasmissione di saperi all’interno della terapia individuale che l’analista ha svolto come paziente, nelle supervisioni e nei confronti “alla pari” con altri colleghi. Eppure, quello dello psicoanalista, è un lavoro che non può prescindere dalla conoscenza e dal riferirsi ad una teoria di fondo alla quale ancorarsi.
Elementi fondanti il processo psicoanalitico come il setting, la cornice e l’azione terapeutica, possiedono una “replicabilità” ed una trasmissibilità teorica che, in parte, trascendono lo stile del terapeuta e l’unicità del paziente che egli ha di fronte.
Ma lavorare con i sogni dei pazienti ha qualcosa che, per quante linee guida si possano apprendere e teorizzare, è unico e irripetibile nella diade paziente-terapeuta. Quello dell’interpretazione dei sogni è, probabilmente, uno degli ambiti della disciplina psicoanalitica in cui teoria ed esperienza sono talmente connesse da fondersi nella pratica.
Nella mia esperienza con i pazienti mi sono resa conto che, più di ogni altro ambito, quello che riguarda i sogni è fortemente influenzato dal pensiero freudiano in merito, o, comunque, dalle rielaborazioni che ne sono state fatte. Talvolta, quando un paziente racconta un sogno ci si sente chiamati a dare una risposta interpretativa, come se ci fosse una verità nascosta ed univoca che lo “psicoanalista-veggente” ha gli strumenti per svelare.
La sensazione è che la teoria freudiana dei sogni si sia mescolata con la nostra cultura e che alcuni concetti chiave di questa teoria, in particolare l’idea che il sogno nasconda qualcosa che, se rivelato, porterà un beneficio psichico, siano diventati parte del nostro bagaglio implicito sia degli “addetti ai lavori” che alle altre persone.
La Psicoanalisi e l’interpretazione dei sogni
In realtà, a più di un secolo dall’uscita dell’”Interpretazione dei sogni” la psicoanalisi ha fatto un lungo percorso che si è diramato in nuovi approcci clinici.
Tutti i moderni approcci psicoanalitici hanno costruito le loro teorie sulle basi di quella freudiana. Indipendentemente da quanto ne abbiano o meno preso le distanze, è impossibile negare che il modello di Freud sia stato il seme che ha dato vita alla psicoanalisi e, più nello specifico, che il suo saggio “L’interpretazione dei sogni“, sia stato il testo che ha reso famosa in tutto il mondo la sua teoria e l’ha fatta conoscere, attraversando un secolo, da un vasto pubblico. “L’interpretazione dei sogni“, inoltre, può essere considerato il testo in cui Freud ha espresso il suo pensiero non solo per quanto riguarda l’interpretazione dei sogni ma anche per quanto riguarda concetti come il transfert, la natura dei processi inconsci e l’uso delle libere associazioni (Caligor, 1996).
Negli anni alcuni approcci psicoanalitici hanno cambiato direzione rispetto alla teoria freudiana attraverso quella che è stata letta come una “svolta relazionale”. Il punto più importante che accomuna questi approcci è la visione della mente, considerata non più come il prodotto di processi intrapsichici ma come la costruzione che si crea in seguito alle interazioni sociali e alle influenze culturali. Di conseguenza l’analisi passa da un approccio mono-personale ad un approccio bi-personale in cui si analizza la realtà soggettiva che si viene a creare all’interno del campo analitico condiviso da paziente e terapeuta (Lane, 2011). Questo passaggio ha inevitabilmente influenzato anche l’interpretazione dei sogni e il loro uso in terapia.
Ad esempio gli interpersonalisti, rifacendosi al pensiero di Sullivan (Sullivan, 1953), non hanno accettato o, comunque, non prendono in considerazione gli aspetti fondamentali della teoria freudiana dei sogni che vede il sogno come una forma di pensiero che sottostà alle leggi della censura, della distorsione e come il prodotto di un desiderio inconscio inaccettabile.
Inoltre vi è una diversa lettura del sogno manifesto, non più considerato come una forma di travestimento da smascherare attraverso l’analisi del contenuto latente, ma ritenuto una parte importante da analizzare vista la ricchezza di aspetti utili alla terapia che vi sono stati individuati (ad esempio il fatto che possa contenere indicazioni volte alla risoluzione di problemi pratici e relazionali o il fatto che possa essere uno strumento di “monitoraggio” sullo stato dell’analisi).
Ad oggi esistono svariati contributi sull’uso dei sogni ognuno dei quali l’importanza di un aspetto piuttosto che un altro.
Ciò che accomuna tutti questi approcci e che ritengo fondamentale è l’idea di una lettura del sogno come co-costruzione tra i vissuti del paziente e quelli del terapeuta. Non si pensa più ad una “verità” assoluta che il terapeuta deve trovare e svelare al paziente tramite l’interpretazione del sogno. Viene, invece, riconosciuta la “verità” del paziente, più precisamente di quel determinato paziente in quel determinato momento della sua vita. A mio avviso è un modo di lavorare che contribuisce ad avvicinare in maniera graduale e digeribile il paziente alle proprie paure e ai propri vissuti senza che vengano visti come qualcosa di estraneo o di posticcio.
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