LA DEPRESSIONE

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I disturbi dell’umore

La depressione è il disturbo dell’umore più noto ed è anche è il disturbo psichiatrico più diffuso al mondo. La parola “depressione” viene ampiamente utilizzata nel gergo comune per indicare vari stati affettivi dai più lievi ai più gravi. Si usa la parola depressione per descrivere un momento in cui ci si sente un po’ sotto tono e al contempo tale parola può essere utilizzata per descrivere uno stato permanente di sofferenza che arriva a paralizzare un individuo fino ad impedire letteralmente la possibilità di alzarsi da letto, vestirsi, vedere altre persone. Il rischio perciò è di far confusione e non capire fino in fondo se e quando si ha a che fare con un disturbo conclamato.

Da questo punto di vista le classificazioni e i manuali diagnostici possono dare un contributo per orientarsi pur tenendo sempre bene a mente l’unicità dei singoli individui e l’impossibilità che una diagnosi riesca a comprendere tutta la complessità di una persona e della sua psiche.

La classificazione del PDM-2

La suddivisione dei quadri sintomatologici dei disturbi dell’umore che propongo si riferisce alle categorie esposte nell’Asse S del PDM-2. Si tratta di quattro quadri sintomatologici. I primi due quadri di cui parla il PDM-2 si riferiscono a stati affettivi unicamente depressivi, senza che ci siano fluttuazioni o oscillazioni dell’umore verso il positivo anche se si possono alternare periodi in cui i vissuti depressivi si fanno sentire con maggiore o minore intensità. Il terzo e quarto quadro diagnostico riguardano stati in cui si alternano periodi di umore depresso a periodi di intensa attività ed euforia.

Tra i disturbi dell’umore rientrano anche i Disturbi affettivi del puerperio (baby blues, depressione post-partum e psicosi puerperale). Questi disturbi, pur avendo delle manifestazioni sintomatologiche simili ai disturbi dell’umore, richiedono un approfondimento a parte in quanto legati ad uno specifico evento della vita, la maternità.

Disturbo depressivo persistente (distimia): i pazienti che soffrono di un Disturbo depressivo persistente (DPP) possono manifestare un ampio spettro sintomatologico (bassa autostima, vissuti di colpa, disperazione) ma sono tutti accomunati dalla persistenza nel tempo dei vissuti depressivi. L’umore è depresso in maniera per lo più costante, senza che ci siano grandi variazioni. Talvolta questo disturbo esordisce o è inizialmente mascherato da manifestazioni somatiche come disturbi del sonno, disturbi dell’appetito (aumentato o diminuito), cefalee persistenti, mancanza di energia, scarsa capacità di concentrazione. Ci sono dei fattori che predispongono l’instaurarsi di tale disturbo e sono legati ad eventi di vita stressanti e legami con figure genitoriali che non sono state in grado di fornire cure adeguate. Il DPP si può acutizzare e manifestare in maniera più evidente e debilitante in seguito a cambiamenti improvvisi quali lutti, separazioni, problemi di salute, difficoltà lavorative.

Disturbo depressivo maggiore: il disturbo depressivo maggiore può essere limitato ad un periodo di tempo specifico. Ci possono essere un solo o più episodi depressivi nella vita di una persona separati l’un l’altro anche da lunghi periodi di tempo. Un episodio depressivo maggiore è caratterizzato dalla presenza per almeno due settimane dei seguenti sintomi: abbassamento dell’umore, incapacità di provare piacere, incapacità di concentrarsi, perdita di energia, modificazioni dell’appetito, perdita d’interesse per attività che precedentemente erano ritenute piacevoli e coinvolgenti, diminuzione o assenza di desiderio sessuale, alterazioni del ritmo sonno-veglia, rallentamento psicomotorio, rallentamento del pensiero e dell’eloquio, vissuti di colpa, pensieri suicidari.

Questa lunga lista di sintomi fa capire la complessità e la variabilità di uno stato depressivo in termini di intensità e gravità. Si può passare da una condizione lieve ad un vissuto intenso e debilitante che può arrivare a compromettere la vita sociale, relazionale e lavorativa di un individuo. La depressione maggiore raramente può essere accompagnata da distorsioni dell’esame di realtà quali deliri e allucinazioni. In questi casi si parla di depressione psicotica.

Nel valutare un ipotetico quadro depressivo bisogna escludere la presenza di determinate malattie che possono provocare dei sintomi sovrapponibili a quelli della depressione, così come l’utilizzo di alcuni farmaci, droghe o alcol.

Infine un evento luttuoso innesca dei vissuti depressivi che possono essere ritenuti fisiologici rispetto a tale esperienza. In questi casi l’umore oscilla alternando stati depressivi a stati di funzionamento normale. Inoltre, per escludere un esordio di depressione maggiore durante un periodo di lutto o separazione, bisogna valutare attentamente se il paziente colloca l’origine del proprio dolore esternamente a sé stesso o, al contrario, internamente (vissuti di colpa, inadeguatezza, fallimento).

Disturbo ciclotimico: si parla di disturbo ciclotimico quando si ha a che fare con delle persistenti fluttuazioni dell’umore evidenti ma non sufficientemente intense o durature da far pensare ad un disturbo bipolare. In questo disturbo vie è una sensazione di instabilità del Sè dovuta a oscillazioni dell’umore inaspettate e vissute come fuori controllo. Talvolta questo disturbo può creare delle difficoltà relazionali e nel funzionamento sociale.

Disturbi bipolari: si definiscono tali i disturbi in cui vi sia stato almeno un episodio maniacale. Con episodio maniacale si intende un periodo di tempo in cui il paziente ha vissuto in uno stato d’umore elevato o molto irritabile, agitazione psicomotoria, difficoltà a dormire, scarsa capacità di concentrarsi, eloquio accelerato, svolgimento di attività potenzialmente pericolose o danneggianti (ad esempio attività sessuale promiscua o spese eccessive). Al periodo di mania generalmente si aggiunge un episodio depressivo. Per poter fare una diagnosi di disturbo bipolare è necessario osservare l’evolversi degli eventi del tempo dal momento che talvolta l’episodio maniacale arriva successivamente ad un periodo di depressione maggiore.

La mania ha varie sfaccettature ed espressioni tutte legate da un unico denominatore: un’elevatissima intensità affettiva ed emotiva. È come se tutto ciò che viene pensato e vissuto non avesse nessun tipo di filtro. Quando si attraversa uno stato maniacale si prova un’energia dirompente che può essere vissuta sia positivamente (ad esempio con un’aumentata creatività) che negativamente (incapacità di concentrarsi). Nelle relazioni si può passare da un’esaltazione dell’altro ad aggresività e svalutazione nei suoi confronti.

La mania può creare una sorta di dipendenza viste la produttività e l’intensità con cui vengono vissute le emozioni. Nel momento in cui lo stato maniacale viene a mancare viene provato un senso di vuoto ed una sorta di astinenza verso i vissuti di grandiosità.

Bibliografia

Lingardi, N. McWilliams “Manuale diagnostico psicodinamico seconda edizione. PDM-2” , Raffaello Cortina Editore, Milano, 2018

G. O. Gabbard, “Psichiatria psicodinamica”, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1995

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